martedì 29 settembre 2009

Le dieci domande di Repubblica: perchè non si tratta di gossip.

Il centrodestra di Berlusconi, cioè quella parte di centrodestra di proprietà di Berlusconi, fa quadrato intorno al suo leader di fronte alla campagna di Repubblica.

I più presentabili provano a "buttarla sul gossip", mentre gli avvocati sparano querele per diffamazione a chi si ostina a fare domande e i direttori dei suoi giornali allestiscono campagne velenose di lapidazione morale contro personaggi come il direttore dell'Avvenire.

Nei pochi spazi di dibattito dove l'argomento viene affrontato, i suoi fedeli difendono a spada tratta la privacy del Presidente e accusano Repubblica di fomentare una campagna scandalistica su fatti di nessuna rilevanza pubblica. Fin qui tutto nella norma, diciamo.

Quelle che mi sorprendono sono però le argomentazioni dei politici del centrosinistra che, visibilmente imbarazzati di essere tirati in ballo controvoglia a sostegno di Repubblica, si limitano a sostenere che un personaggio pubblico come Berlusconi, che ha fatto della sua vita personale l'arma politica vincente per il suo successo politico, non ha diritto di lamentarsi se ora la libera stampa pretende di mettere il becco nella sua moralità e nella sua vita privata. Queste, più o meno, sono state le tesi sostenute dai vari Fassino, Rodotà, Rutelli nei vari talk show di questi giorni.

Ora, a me pare che una linea di difesa/attacco di questo tenore sia assolutamente perdente, e consolidi nel popolo-pubblico televisivo l'immagine di una sinistra invidiosa dei successi politici-personali-sessuali di questo Grande Italiano.

I motivi seri, sui quali dovremmo essere capaci di alzare la polemica, sono invece a mio parere soprattutto questi:

1) Queste ragazze, prescelte per intrattenere il politico potente, aspiravano a essere ricompensate con candidature in consigli comunali, al parlamento europeo, con l'interessamento del politico per la soluzione di impicci burocratici, etc. Insomma si tratterebbe di piaceri privati pagati con beni pubblici. Per la collettività si tratterebbe non solo di un danno materiale, ma anche di cattiva selezione degli eletti.

2) Secondo punto, ma ben più importante: la vicenda rappresenta l'imprimatur ufficiale al cinismo dilagante, al modello di vita che vende la propria dignità (insieme al proprio corpo) al personaggio influente, in funzione del successo. Con tanti saluti ai finti proclami di meritocrazia, di valore dello studio, del sacrificio.

L'unica che è apparsa tenere la barra dritta su questi temi, cercando di introdurli nei dibattiti, è stata la voce quasi solitaria di Concita De Gregorio.

1 commento:

  1. Aggiungerei:
    3) Il Presidente del Consiglio rifiuta di rispondere alle domande documentate di un organo d'informazione ed anzi lo denigra; inoltre, abusando del suo potere economico-mediatico (conflitto di interessi) cerca di convincere i suoi amici imprenditori a non investire nella pubblicità su quel quotidiano.

    Tutto il contrario di quanto avviene in Gran Bretagna:
    http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-30/rassegna-28settembre/rassegna-28settembre.html?ref=search

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