mercoledì 23 marzo 2011

Insulti al posto dei servizi.

Io sono tra quelli che hanno a cuore le sorti della scuola pubblica, nella convinzione che essa sia un caposaldo di equità, di identità collettiva, di civiltà. Ma i governi nazionali ne hanno avuto pochissima considerazione, tanto da averla riempita di insegnanti malpagati e rancorosi, selezionati mediante criteri lontanissimi dal merito.

Questa scuola non è più in grado di offrire servizi che altrove sono considerati basilari e che, specialmente per le famiglie con entrambi i genitori occupati, sono irrinunciabili. Per esempio: non mi offre la mensa, il tempo pieno, una certa stabilità del corpo docente durante l'anno, e soprattutto non è in grado di garantire alcunché circa la qualità dell'insegnamento. Mi vedo così costretto a diventare un utente della scuola privata.

E invece di porgermi le sue scuse, il ministro dell'istruzione si mette a insultare chi, come me, manda i propri figli alla scuola privata, ma non tralascia di manifestare contro chi vuole inaridire le risorse per la scuola pubblica.


Vale la pena rileggere le ormai celebri parole Piero Calamandrei, pronunciate in un discorso pubblico del 1950.

“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito?

Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci).

Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito.

Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata.

Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina.

L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette.

Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico“

7 commenti:

  1. Certo che il centro di ricerca del "partito di plastica" funziona ......
    E non dite che sono ignoranti ...... oltre alla dottrina di Licio Gelli ..... conoscono gli scritti di Calamandrei :-(
    ..... e qualcuno sottobanco cerca ancora di assicurargli l'impunità: bo?

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  2. (...)#=**##==#~~#**•••

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  3. Adesso che ho metabolizzato gli insulti alla ministra, posso commentare razionalmente questo bel post.

    In base alla mia esperienza (riferita alla scuola primaria), la qualità dell'insegnamento della scuola pubblica rimane alta, proprio grazie agli insegnanti che, sebbene malpagati, sono ancora dotati di passione e, soprattutto, di esperienza.

    Proprio questa esperienza consente ad una insegnante di ruolo di fare quello che ai genitori sembra un miracolo: trasformare un branco di ragazzini urlanti - di diversa estrazione sociale - in un gruppo affiatato e disposto ad apprendere.

    Così plasmato, il gruppo riesce anche ad integrare i bambini svantaggiati, come ad esempio i tanti piccoli cinesini catapultati in quello che gli deve sembrare un altro pianeta.

    I veri problemi si hanno quando gli insegnanti non provengono dalla "gavetta", ma da una designazione parallela, come avviene per gli insegnanti di sostegno, che molte volte (ma ci sono egregie eccezioni) sono "dilettanti allo sbaraglio".

    Riguardo al "merito". Come si stabilisce il "merito" di un insegnante? Può l'attuale ministra occuparsi di tale delicata questione? Per quali meriti è stata scelta per guidare l'istruzione italiana?

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  4. L'unico metodo possibile è la valutazione, e la remunerazione.
    La scuola dovrebbe assumere solo per concorso, tra l'altro valutando sia le conoscenze sia la capacità didattica.
    Invece l'esperienza italiana ci dice che tantissime volte si è fatto ricorso ad assunzioni stile sanatoria di ex insegnanti precari, quindi persone selezionate solo per la loro tenacia (e assenza di alternative), piuttosto che per meriti.

    Oggi, come sappiamo, sulla base delle esperienze straniere, si sta affermando l'Invalsi, la prima iniziativa seria di valutazione delle scuole e della preparazione degli studenti.
    Ma ancora dobbiamo fare troppa strada prima di arrivare a una valutazione pubblica di ogni singola scuola, disponibile alla consultazione delle famiglie. Infatti, se consulti il sito, siamo ancora alla fase della "lettera invito alle scuole per la partecipazione al pre-test".

    Aggiungi le usuali considerazioni sul basso livello delle remunerazioni degli insegnanti, e credo che si possa concludere che trovare un insegnante preparato e in gamba è ovviamente molto probabile, ma dipende dalla casualità.

    Infine c'è la questione dei tagli delle risorse, che sono alla base della riduzione degli orari di apertura delle scuole (tempo pieno ? ciao ciao), e dello scadimento dei servizi in generale.

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  5. @ Antonio Lo Nardo

    Innanzitutto grazie per aver linkato il mio post. Poi, da insegnante di liceo con esperienza di insegnamento da oltre venticinque anni (entrata in ruolo sia nella secondaria di I grado sia in quella di II grado in seguito al superamento di concorsi ordinari e con tre abilitazioni), vorrei dire la mia sulla scuola privata.

    Da genitore posso dire che avrei iscritto volentieri i miei figli alla primaria gestita dalle suore, perché avessero più attenzioni, ma ho dovuto desistere visto che nella statale i bambini in classe erano 23-26, in quella privata più di 30.

    Da docente ho visto ragazzini arrivare in prima liceo molto ma molto più ignoranti di quelli che arrivavano dalla scuola media statale. Senza parlare di quelli che si ritirano per frequentare il liceo in privato - spesso facendo i cosiddetti due anni in uno - per poi tornare in quinta per sostenere l'esame di stato: la loro preparazione è una tabula rasa. Il nulla eterno, nel senso che per l'eternità continueranno ad essere ignoranti anche se, per un colpo di fortuna, riusciranno a prendere il diploma. L'università, sempre ammesso che si iscrivano, non riusciranno a terminarla nemmeno in dieci anni.

    Noi insegnanti statali saremo anche poco pagati ma, tranne poche eccezioni, siamo abilitati tramite concorso - anche riservato, ma che male c'è? - e abbiamo tutte le carte in regola per essere dei bravi insegnanti. Nelle paritarie, invece, non c'è quasi nessun docente abilitato e molti non sono nemmeno laureati. Sulle paritarie, da questo punto di vista, manca qualsiasi controllo.

    Detto questo, arriviamo alla questione del merito. Vedo citati nel commento i test InValsi. Non voglio dilungarmi quindi invito Lei e i Suoi lettori a legger questo mio post: http://marisamoles.wordpress.com/2010/12/20/gelmini-e-sperimentazione-del-merito-ecco-perche-no/ dove è riportato anche l'autorevole parere di Giorgio Israel che è molto più esperto di me in questo campo. Dirò solo che non ne condivido l'utilizzo come strumento di valutazione delle scuole e/o dei docenti, così come ritengo che la valutazione da parte delle famiglie sia inaffidabile a questo scopo.

    Ringrazio per l'ospitalità.

    Distinti saluti.

    Marisa Moles

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  6. Ho letto il post della prof.Marisa e mi hanno colpito queste due frasi, che mi hanno fatto riflettere:

    "Noi non abbiamo nulla da vendere; i “nostri” banchi sono quelli su cui siedono dei giovani che hanno diritto di imparare per non essere gli ultimi della classe, non quelli del mercato."

    "Il processo di valutazione deve essere inteso come un processo culturale e non come un processo manageriale."

    Aggiungo questo ulteriore spunto (pescato dalla memoria) che ben rappresenta la differenza tra le persone e la burocrazia:

    http://www.youtube.com/watch?v=wNrNK7wOMU8

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  7. Questo dibattito è diventato molto interessante, e mi stimola ulteriori riflessioni. Rimando il mio prossimo commento al momento in cui potrò trovare il tempo di approfondire.
    Grazie.

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