Chiunque conosca direttamente o indirettamente il mondo universitario sa bene che il quadro che emerge dalla recente campagna stampa di Repubblica Palermo corrisponde alla realtà: le carriere accademiche vengono decise per diritto baronale, e sono tantissime le cattedre occupate da "figli di", "nipoti di", "mogli di". Purtroppo è la scoperta dell'acqua calda.
Tutto questo sarebbe poco rilevante se non avesse un serio impatto sulla qualità degli studi e della didattica, che rappresentano il contributo dell'Università allo sviluppo del paese.
Nel 2003 l'allora ministro Letizia Moratti provò a introdurre principi di valutazione dell'attività degli atenei; lo scopo era quello di premiare con maggiori fondi le università più qualificate. Fu elaborato un metodo di valutazione il più oggettivo possibile, mutuando le migliori esperienze dall'estero.
Di quel lavoro rimane una relazione finale che esamina, tra l'altro la produzione scientifica di docenti e ricercatori nel periodo 2001-2003; ci sono dati per area scientifica e per ateneo. Questa tavola riporta le performance dell'Università di Palermo nelle varie aree. Che la cosa abbia qualche relazione con il nepotismo ?
Di questo post mi ha colpito la frase: "Questa tavola riporta le performance dell'Università di Palermo nelle varie aree." La tabella completa il quadro (in verità sconsolante) e focalizza l'attenzione sulla nostra situazione locale.
RispondiEliminaSecondo me, non è il favoritismo in quanto tale il problema principale. Anche in altre città, in altri contesti, si assiste a favoritismi. Il problema è come si usa il favoritismo e quali obiettivi si perseguono.
Ho scoperto che perfino il concorso di idee per la costruzione della Tour Eiffel era “favorevole” all’ingegnere Eiffel. Ma il risultato è stato la storica Torre.
Qui da noi sopravvive una borghesia "appiattita" che sfrutta ogni situazione per perseguire obiettivi personali di "breve-medio termine", non riuscendo a vedere al di là di un orizzonte temporale ristretto e connivendo allegramente col tessuto mafioso. E’ questo il vero problema.
Bisogna dunque stare attenti a non confondere l’ambito locale con l’ambito nazionale. In ambito nazionale certe cose possono assumere un significato diverso.
Stai aggirandoti intorno al problema vero.
RispondiEliminaE' vero, il nepotismo non è un problema in sè, ma lo diventa in un sistema pubblico, dove il barone non riceve alcuna punizione se assume un somaro.
D'accordissimo. Volevo dire che c'è un problema "a monte".
RispondiEliminaInfatti se assume 1 somaro su 40 non succede niente.
Il fatto è che se è posto nelle condizioni opportune, il siciliano assume 39 somari su 40. Perchè "a monte" c'è un problema di miopia etica.
Io non la metterei sul piano dell'etica.
RispondiEliminaLa metterei invece sul piano più concreto dei comportamenti razionali, dei premi e degli incentivi.
Come diceva quello: tutto ciò che è reale, è razionale.
Morale: metti a un professore il pepe al culo con la competizione, e vedrai che, senza neanche concorso, sceglierà il più bravo.
Non credo si tratti di assumere somari: piuttosto si assumono persone non sulla base delle proprie qualità intellettuali ma sulla base di altri parametri, e poichè a monte non è previsto controllo di qualità alcuno, il somaro resta tale e non è incentivato a migliorarsi. Anche perchè chi lo ha assunto non può giustamente essere ritenuto responsabile della sua asineria...
RispondiEliminaIl problema "etico" in Sicilia esiste e non riguarda un solo ambiente.
RispondiEliminaPotrei citare l'esempio di illustri banche isolane che - proprio a causa di gestioni a dir poco baronali - col tempo sono state private della propria autonomia decisionale ed inglobate in realtà più grandi.
Salvo poi lamentarsi - anche e soprattutto a livello politico regionale - della privazione della "sicilianità".
Ecco perchè dico che il problema "etico" è a monte.