giovedì 21 luglio 2011

Nella notte della meritocrazia, tutti i gatti sono grigi.

Il Senato si sta occupando da qualche mese dell'ipotesi di abolire il valore legale del diploma di laurea. Si parla cioè della "patente di ufficialità" dei diplomi rilasciati dalle università riconosciute dal governo centrale, per lo più pubbliche, che costituisce di per sè requisito formale e sostanziale per la partecipazione ai concorsi nel settore pubblico dove si richiede preparazione universitaria. Si tratta, in sostanza, di un livellamento delle università, siano esse scadenti oppure eccellenti.

Le argomentazioni contro il valore legale (l'attuale situazione) sono, a mio giudizio, molto convincenti: in questo contributo del sito "lavoce.info" se ne elencano tre: 1) la deresponsabilizzazione degli atenei nella ricerca di docenti qualificati; 2) la più forte capacità del settore privato di selezionare i migliori laureati, a scapito del settore pubblico; 3) la falsa convinzione delle famiglie che tutte le università siano uguali.

Curiosa, ma molto significativa, la presa di posizione del Presidente della CRUI (l'organismo che associa tutti i rettori italiani):

"Abrogare il valore legale potrebbe significare liberalizzare la formazione universitaria, lasciando che chiunque possa istituire un'università' e che il mercato faccia da regolatore del valore, sostanziale e non formale, dei titoli rilasciati. Per accedere alla Pubblica amministrazione o alle professioni, oggi, è richiesto un determinato titolo accademico o di istruzione superiore avente valore legale; abrogare tale riconoscimento vorrebbe dire consentire l'accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente dagli studi compiuti, o che chiunque potrebbe sostenere l'esame di abilitazione alle professioni di avvocato, ingegnere o medico senza essere laureato in giurisprudenza, ingegneria o medicina".

Sai che paura.

4 commenti:

Angelo ha detto...

Cosa accadrebbe in caso di abolizione del "valore legale" alle università siciliane?

Sarebbero spinte a migliorarsi o precipiterebbero nell'inutilità "sostanziale" senza curarsi delle conseguenze?

Antonio Lo Nardo ha detto...

Premetto ovviamente che anche nelle università siciliane ci sono ottimi dicenti. Ma è vero purtroppo che in quasi tutte le graduatorie nazionali e internazionali finiamo in fondo alla classifica.
Solo che il titolo rilasciato ha lo stesso valore formale di un diploma della Luiss o della Bocconi.
Se fossero costrette a navigare "in mare aperto" (senza il valore legale della laurea), a poco a poco le famiglie si renderebbero conto che il "pezzo di carta" è meno spendibile nel mercato del lavoro, e a poco a poco le abbandonerebbero.
Difficile dire come reagirebbero i docenti.
L'abolizione del valore legale del titolo dovrebbe infatti essere accompagnata da altre misure quali l'assegnazione delle risorse proporzionata alla qualità della didattica e della docenza e al numero degli studenti (che a quel punto esprimerebbe anch'esso un giudizio di qualità).
A quel punto, i peggiori tra quei docenti si accontenterebbero di minori risorse, mentre i migliori cercherebbero di innalzare la qualità, e al limite, se ne andrebbero via verso le università migliori, in grado di pagarli meglio.
Utopia.

Micheluzzo ha detto...

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PS: nella notte della mignottocrazia, tutte le tope sono grigie?

Angelo ha detto...

@Antonio:
Campa cavallo! Se vuoi veramente vedere questo sistema in funzione, forse fai prima a trasferirti negli States!