martedì 20 aprile 2010

La Destra riporta l'Italia indietro.

C'è ancora qualcosa che, in questa fase di confusione tra cosaèdidestra e cosaèdisinistra, aiuta il nostro senso di orientamento politico.

Di una, per esempio, abbiamo parlato qualche settimana fa: si tratta del tentativo dell'attuale governo di destra di spostare la competenza sulla risoluzione delle controversie di lavoro dalla magistratura agli arbitri privati. Una cosa del genere rende bene l'idea di cosa è capace di fare il Potere mentre narcotizza i cervelli dei propri sudditi di fronte alle tv.

Adesso arriva anche, ampiamente annunciata, la marcia indietro a tutta forza sulle liberalizzazioni. Quelle famose lenzuolate di Bersani che i soloni di turno si affrettavano a ipercriticare perché "inutili", "troppo timide", perchè "c'è ben altro da liberalizzare".
Eccovi serviti.

Dando voce alle pretese degli Ordini professionali, (lievemente) intaccati nei loro privilegi dalle lenzuolate, adesso il governo Berlusconi annuncia che intende "riformarle".

In mezzo a tutta la fuffa che ci sentiremo raccontare, il succo è la rentroduzione delle tariffe minime obbligatorie, che Bersani giustamente aveva eliminato.

Come detto e ripetuto più volte dalla nostra autorità Antitrust, l'abolizione del minimo tariffario sulle prestazioni dei professionisti comporta benefici per i consumatori: maggiore concorrenza e quindi riduzione dei costi per i consumatori.
In un regime di tariffe minime, per esempio, un giovane avvocato non può affacciarsi sul mercato a tariffe più basse per farsi conoscere; e, a parità di costi, i consumatori preferiranno ovviamente rivolgersi a coloro che hanno più esperienza.

I rappresentanti dei professionisti, molto bravi in questa azione di lobbing, ribattono da sempre che la soglia minima delle tariffe è uno strumento in mano al consumatore perché costui non sarebbe in grado di valutare ex ante la qualità del professionista e finirebbe per rivolgersi sempre a chi pratica prezzi bassi, ma a scapito della qualità.
Ma come sono amorevoli, questi professionisti, a prendersi cura dei loro clienti !

Il fatto è che argomentazioni di questo tipo nascondono il timore dei professionisti già affermati di cedere alle aspettative di coloro vogliono da fuori accedere al mondo delle professioni. In buona sostanza sono una barriera all'ingresso, a scapito di consumatori e neolaureati senza uno studio di un parente su cui contare.

4 commenti:

Angelo ha detto...

Finalmente uno splendido post "informato sui fatti". Bentornato Antonio Economicus!

Anonimo ha detto...

non sono d'accordo.

L'abolizione delle tariffe minime è l'esempio di una giusta liberalizzazione che - applicata ad un sistema che non funziona in modo normale - produce vantaggio ai grossi capitali; con alcune eccezioni la categoria degli avvocati è già in grande concorrenza con ribassi sulle tariffe minime (nei fatti è così) che comunque non sono alte (diversamente da quelle degli ingegneri ad esempio); in quest'ambito gli ordini professionali hanno sempre diffidato i grossi capitali (Assicurazioni, Banche, Compagni telefoniche...) a far firmare convenzioni con deroghe ai minimi tariffari e i giovani avvocati potevan oi rifiutarsi di firmarle adducendo il (fondato) timore di procedimenti disciplinari; con l'abolizione delle tariffe minime le Assicurazioni e le banche hanno avuto mano libera e adesso pagano un forfait, mentre per il consumatore non è cambiato nulla (lo sconto lo aveva anche prima).

E' la verità.

Goku legale

Antonio Lo Nardo ha detto...

Dunque tu dici che le tariffe minime nei fatti vengono applicate solo alla clientela "grande" come le banche. Mentre alla clientela "minuta" vengono in ogni caso praticati sconti.

Ammettiamolo pure (anche se non ne sono convinto del tutto).
Se il giovane avvocato può richiedere alle grandi banche un certo onorario, un avvocato "di esperienza" può certamente richiedere di più (ovvio).

Ora, ciò mi pare vero sia con le tariffe minime, sia con le tariffe libere. La differenza i due regimi sta solo nel fatto che, con le tariffe minime, entrambi gli onorari si situano a livelli più alti (sepppure differenziati tra loro), mentre con le tariffe libere, entrambi gli onorari si abbassano (mantenendo la differenza tra loro).

Insomma, mi sembra che ciò confermi che le tariffe minime tengono artificiosamente alti i costi legali. Che poi questo sia vero solo per la clientela grande e non (anche) per la clientela minuta, non mi pare che sposti granché.

Antonio Lo Nardo ha detto...

Dunque tu dici che le tariffe minime nei fatti vengono applicate solo alla clientela "grande" come le banche. Mentre alla clientela "minuta" vengono in ogni caso praticati sconti.

Ammettiamolo pure (anche se non ne sono convinto del tutto).
Se il giovane avvocato può richiedere alle grandi banche un certo onorario, un avvocato "di esperienza" può certamente richiedere di più (ovvio).

Ora, ciò mi pare vero sia con le tariffe minime, sia con le tariffe libere. La differenza i due regimi sta solo nel fatto che, con le tariffe minime, entrambi gli onorari si situano a livelli più alti (sepppure differenziati tra loro), mentre con le tariffe libere, entrambi gli onorari si abbassano (mantenendo la differenza tra loro).

Insomma, mi sembra che ciò confermi che le tariffe minime tengono artificiosamente alti i costi legali. Che poi questo sia vero solo per la clientela grande e non (anche) per la clientela minuta, non mi pare che sposti granché.