martedì 25 settembre 2007

Gli altri

Questa la devo raccontare.
Sabato pomeriggio a passeggio in via Libertà con moglie e bambino. Tanta gente in giro, chi fa shopping, chi passeggia, comitive di ragazzi scherzano tra loro a voce alta. Più in là, davanti a noi, c'è una panchina, e un uomo che ci dorme sopra, o forse no. La testa, posata sul marmo, guarda verso l'alto, ma ha una posizione innaturale, tutta reclinata sulla sinistra quasi a toccare la spalla; lo stomaco sembra gonfio; la gamba sinistra si allunga fino all'altra estremità della panchina, mentre la destra penzola verso il marciapiede.
Dorme ? Ha avuto un malore ?
Tutti i passanti si accorgono dell'uomo, hanno un attimo di esitazione, ma poi proseguono per la loro strada. Ci fermiamo, un po' incerti sul da farsi; una donna commenta a voce alta per farsi sentire da noi, concludendo che probabilmente l'uomo sta dormendo, e se ne va.
L'uomo è sempre lì, immobile. Respira ? Forse sì.
Teresa decide di avvisare il 113; il poliziotto al telefono prende nota e ringrazia per la segnalazione. Conclusa la telefonata entriamo in un negozio, diamo uno sguardo di tanto in tanto: l'uomo è ancora lì, i passanti lo guardano, e proseguono.
Tra questi un gruppetto di ragazzini, avranno circa quindici anni, si ferma nelle vicinanze; uno di loro estrae un telefonino e compone un numero. Mi rincuoro pensando che qualcosa finalmente si è mosso in mezzo a tanta indifferenza. Ma è solo un attimo: il ragazzo scatta una foto e la mostra agli amici che ridono compiaciuti. Il gruppo si allontana, mentre l'uomo rimane sulla panchina. Rimango sconcertato.
Il flusso dei passanti non si interrompe. Ma un tizio finalmente si ferma, si avvicina all'uomo e gli prende il braccio. Sembra un medico, gli tasta il polso; così sollecitato l'uomo muove una gamba e l'altro braccio. Da lontano non mi è possibile vedere molto di più.
Sono passati venti minuti dalla nostra segnalazione. Si sente il suono di una sirena, un'ambulanza si insinua nel traffico e si blocca nei pressi della panchina.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggendo questa storia mi sono chiesto cosa avrei fatto io. E' facile scandalizzarsi, ma presi dalla fretta, dalla sfiducia cronica nei confronti degli sconosciuti, e anche dal proprio egoismo, quante persone oggi si fermerebbero a verificare se uno sconosciuto in una panchina non abbia bisogno di aiuto? Complimenti quindi a te e alla tua famiglia.
Altra cosa è l'atteggiamento dei ragazzini con l'onnipresente telefonino che ormai serve solo a fare fotografie. Evidentemente la società di domani potrebbe essere ancora più egoista e agghiacciante di quella di oggi.

Anonimo ha detto...

"Spiace constatare" - come si dice - che proprio la iper-tecnologia ci allontana dagli altri sempre più.
Spiace, perché la tecnologia mi piace.
Ma, inesorabilmente (?), proprio la cultura della tecnologia che ci promette un maggior contatto con gli altri (telefonico, telematico, televisivo, ecc.), ce ne allontana, perché relega i nostri rapporti a superficiali "comunicazioni di servizio".

D'altra parte siamo ormai disabituati alla realtà. Le guerre, la fame, la morte... le osserviamo in tv credendo che non ci toccheranno mai.

Bravo Antonio e complimenti anche per la prosa: hai mai provato a scrivere?

Anonimo ha detto...

le metropoli non sono nuove all indifferenza,probabilmente in una piccola comunità sarebbe stato diverso,la cretinaggine dei ragazzini non mi meraviglia

Antonio Lo Nardo ha detto...

Ovviamente i complimenti, per i quali vi ringrazio di cuore, non erano il motivo per il quale ho scritto il post. Era stata un'esperienza un po' forte, e volevo raccontarla.

E' stata un utile insegnamento, non solo per me, ma anche per Marco.