Conosciamo bene lo squallore, etico ed estetico, di alcune moderne e degradate periferie delle nostre città.
Urbanisti e architetti, ingaggiati spesso con criteri imperscrutabili dalle amministrazioni pubbliche, e vincolati a obiettivi di assoluto risparmio, progettano e realizzano autentiche brutture.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: quartieri dove la qualità della vita è talmente scarsa che le persone, se e quando ne hanno la possibilità, fuggono.
Uno degli aspetti poco indagati di questi fenomeni è che i contesti degradati stimolano comportamenti individuali antisociali, se non addirittura criminali. Ne conseguono enormi costi sociali, in termini di spese per l'ordine pubblico, per le ristrutturazioni edilizie, per la salute.
Uno studio dal titolo "The Cost of Bad Design", della "Commission on Architecure and the Built Environment" (un'agenzia pubblica inglese che fornisce assistenza in tema di progettazioni urbanistiche) ci mostra che i risparmi conseguiti durante la fase della costruzione vengono poi annullati dalle spese necessarie successivamente.
Viene riportato il caso del villaggio Holly Street (a est di Londra), ricostruito da zero nel 1985. Dopo la ricostruzione la percentuale di residenti che giudicano il villaggio "pericoloso" è scesa dal 60 al 5 per cento, e solo l'1 per cento degli abitanti ha dichiarato di essere stato testimone di un crimine (40% prima della ricostruzione).
3 commenti:
L'individuo influenza l'ambiente quanto l'ambiente influenza l'individuo?
Bella domanda, che può porsi anche in questi termini: che idea può farsi del mondo e delle interazioni al suo interno un individuo che è nato in un contesto degradato, sporco, infimo, che appartiene a una famiglia di delinquenti etc. etc.?
Un individuo nato e cresciuto in un contesto degradato può legittimamente pensare che quella sia la normalità.
In fondo noi diamo giustamente per scontato che la condotta delle persone determini il "capitale sociale" di un territorio. Mi sembra un buon passo avanti cominciare a pensare che un ruolo importante è giocato dall'architettura.
Mi sento molto d'accordo con questo studio.
Faccio osservare che, il più delle volte, è proprio l'assenza di urbanisti ed architetti in fase di progettazione che genera le "brutture".
Si tratta, in pratica, dell'assenza della cosiddetta "cultura del progetto", molto sentita in Italia: le scelte sull'organizzazione di un nuovo quartiere non sono pianificate, ma sostanzialmente vengono lasciate al caso (quando va bene).
Viceversa, in Francia (nazione all'avanguardia in materia urbanistica) si è addirittura sperimentata la pianificazione di intere città (le "Villes Nouvelles" attorno a Parigi). In definitiva, si è scoperto che la strada più adatta non è la pianificazione "tout court", ma la "via di mezzo": grande attenzione al progetto urbanistico, ma anche, all'interno di esso, alcuni spazi lasciati all'organizzazione "spontanea" che nasce dalla cultura del territorio.
Sono argomenti cui in Italia non si dà la giusta importanza. Si tratta invece di materie complesse che influiscono sul futuro di una intera società.
Posta un commento