sabato 30 luglio 2011
mercoledì 27 luglio 2011
Se così fosse (la figuraccia del Giornale).
Come si sa, la Rete non ha mancato di sbugiardare il Giornale per la figuraccia di domenica scorsa, quando è uscito strillando contro il terrorismo islamico responsabile della strage di Oslo ("Sono sempre loro, ci attaccano), per poi essere costretto a correggersi nella stessa giornata ("Attacco sanguinoso, strage in Norvegia").
Imperdibile poi l'editoriale di Fiamma Nirenstein, sin dalla prima ora tutto sparato sulla "guerra dell'islamismo contro la nostra civiltà". Nella versione riveduta e corretta le è bastato inserire all'inizio queste righe:
"Molte piste, ma non tutte portano a un attacco da parte del terrorismo di stampo islamico. Nelle prossime ore si dovrà verificare con attenzione quello che per ora è un fondato sospetto. Ma se così fosse" [segue la versione originale dell'articolo].
Imperdibile poi l'editoriale di Fiamma Nirenstein, sin dalla prima ora tutto sparato sulla "guerra dell'islamismo contro la nostra civiltà". Nella versione riveduta e corretta le è bastato inserire all'inizio queste righe:
"Molte piste, ma non tutte portano a un attacco da parte del terrorismo di stampo islamico. Nelle prossime ore si dovrà verificare con attenzione quello che per ora è un fondato sospetto. Ma se così fosse" [segue la versione originale dell'articolo].
domenica 24 luglio 2011
Come trovare un posto di lavoro pubblico a Palermo.
Tra informazioni contenute nel bilancio sociale del Comune di Palermo c'è quella sul numero dei dipendenti.
A pagina 53 del documento si legge che alla fine del 2010 risultavano alle dipendenze dirette dell'amministrazione comunale 7.638 persone (esclusi quindi i dipendenti delle società partecipate). Tra questi, 1.133 provengono dal bacino del cosiddetto "Personale ex DL 24/86" che, è scritto nero su bianco, "è stato assunto per far fronte all'eccezionale gravità della situazione economica ed occupazionale che si era determinata nella città di Palermo negli anni '80 al fine di prevenire prevedibili conseguenze, anche di ordine pubblico".
Insomma il suggerimento è chiarissimo: basta essere in tanti e mettere a ferro e fuoco la città. Tanti nostri cari concittadini lo hanno imparato molto bene:
A pagina 53 del documento si legge che alla fine del 2010 risultavano alle dipendenze dirette dell'amministrazione comunale 7.638 persone (esclusi quindi i dipendenti delle società partecipate). Tra questi, 1.133 provengono dal bacino del cosiddetto "Personale ex DL 24/86" che, è scritto nero su bianco, "è stato assunto per far fronte all'eccezionale gravità della situazione economica ed occupazionale che si era determinata nella città di Palermo negli anni '80 al fine di prevenire prevedibili conseguenze, anche di ordine pubblico".
Insomma il suggerimento è chiarissimo: basta essere in tanti e mettere a ferro e fuoco la città. Tanti nostri cari concittadini lo hanno imparato molto bene:
giovedì 21 luglio 2011
Nella notte della meritocrazia, tutti i gatti sono grigi.
Il Senato si sta occupando da qualche mese dell'ipotesi di abolire il valore legale del diploma di laurea. Si parla cioè della "patente di ufficialità" dei diplomi rilasciati dalle università riconosciute dal governo centrale, per lo più pubbliche, che costituisce di per sè requisito formale e sostanziale per la partecipazione ai concorsi nel settore pubblico dove si richiede preparazione universitaria. Si tratta, in sostanza, di un livellamento delle università, siano esse scadenti oppure eccellenti.
Le argomentazioni contro il valore legale (l'attuale situazione) sono, a mio giudizio, molto convincenti: in questo contributo del sito "lavoce.info" se ne elencano tre: 1) la deresponsabilizzazione degli atenei nella ricerca di docenti qualificati; 2) la più forte capacità del settore privato di selezionare i migliori laureati, a scapito del settore pubblico; 3) la falsa convinzione delle famiglie che tutte le università siano uguali.
Curiosa, ma molto significativa, la presa di posizione del Presidente della CRUI (l'organismo che associa tutti i rettori italiani):
"Abrogare il valore legale potrebbe significare liberalizzare la formazione universitaria, lasciando che chiunque possa istituire un'università' e che il mercato faccia da regolatore del valore, sostanziale e non formale, dei titoli rilasciati. Per accedere alla Pubblica amministrazione o alle professioni, oggi, è richiesto un determinato titolo accademico o di istruzione superiore avente valore legale; abrogare tale riconoscimento vorrebbe dire consentire l'accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente dagli studi compiuti, o che chiunque potrebbe sostenere l'esame di abilitazione alle professioni di avvocato, ingegnere o medico senza essere laureato in giurisprudenza, ingegneria o medicina".
Sai che paura.
Le argomentazioni contro il valore legale (l'attuale situazione) sono, a mio giudizio, molto convincenti: in questo contributo del sito "lavoce.info" se ne elencano tre: 1) la deresponsabilizzazione degli atenei nella ricerca di docenti qualificati; 2) la più forte capacità del settore privato di selezionare i migliori laureati, a scapito del settore pubblico; 3) la falsa convinzione delle famiglie che tutte le università siano uguali.
Curiosa, ma molto significativa, la presa di posizione del Presidente della CRUI (l'organismo che associa tutti i rettori italiani):
"Abrogare il valore legale potrebbe significare liberalizzare la formazione universitaria, lasciando che chiunque possa istituire un'università' e che il mercato faccia da regolatore del valore, sostanziale e non formale, dei titoli rilasciati. Per accedere alla Pubblica amministrazione o alle professioni, oggi, è richiesto un determinato titolo accademico o di istruzione superiore avente valore legale; abrogare tale riconoscimento vorrebbe dire consentire l'accesso ai concorsi pubblici a chiunque, indipendentemente dagli studi compiuti, o che chiunque potrebbe sostenere l'esame di abilitazione alle professioni di avvocato, ingegnere o medico senza essere laureato in giurisprudenza, ingegneria o medicina".
Sai che paura.
martedì 19 luglio 2011
lunedì 18 luglio 2011
Financial Times: Berlusconi inqualificabile.
Estratto da "Preserving Italy’s fiscal credibility", recente editoriale del Financial Times.
"Mr Berlusconi’s attempt last weekend to insert into the austerity package a measure that would have allowed a company he owns to defer a €560m fine was beyond reckless. His willingness to risk his country’s fiscal credibility to protect his personal wealth was beneath contempt".
Traduzione:
"Il tentativo di Berlusconi, durante lo scorso fine settimana, di inserire nella manovra una norma che avrebbe consentito alla sua azienda di differire nel tempo una multa da 560 milioni di euro, è stata una cosa ignobile, inqualificabile. La sua volontà di mettere a rischio la credibilità del suo Paese per difendere il suo patrimonio personale non è neanche degna di commento".
"Mr Berlusconi’s attempt last weekend to insert into the austerity package a measure that would have allowed a company he owns to defer a €560m fine was beyond reckless. His willingness to risk his country’s fiscal credibility to protect his personal wealth was beneath contempt".
Traduzione:
"Il tentativo di Berlusconi, durante lo scorso fine settimana, di inserire nella manovra una norma che avrebbe consentito alla sua azienda di differire nel tempo una multa da 560 milioni di euro, è stata una cosa ignobile, inqualificabile. La sua volontà di mettere a rischio la credibilità del suo Paese per difendere il suo patrimonio personale non è neanche degna di commento".
sabato 16 luglio 2011
Il disastro della Formazione Regionale: quale soluzione ?
Sta montando la protesta dei formatori regionali. Alcuni enti sono stati infatti colpiti dai timidissimi accenni di riforma del governo regionale che prova, tra mille incertezze e ambiguità, ad arginare l'immane spreco di denaro per un settore che, di fatto, serve soltanto ad alimentare clientele e a elargire uno stipendio a migliaia di persone.
L'assessore Centorrino era partito lancia in resta, ma ha dovuto prendere atto delle fortissime resistenze degli apparati sindacali-clientelari-politici, anche dentro i partiti della maggioranza regionale (tutti i partiti, compreso il pd) e ha depotenziato quasi del tutto la portata della sua riforma. Staremo a vedere.
Intanto, in linea generale, non pare emergere alcuna risposta di lungo periodo alle domande: e' giusto continuare a mantenere in piedi questo sistema ? siamo consapevoli dei costi, non solo finanziari, che ciò comporta ? come se può uscire ?
Stenta invece, come sempre, a farsi sentire la voce di chi alla fin fine è, e sarà, chiamato a mettere le mani al portafoglio (i cittadini-contribuenti). E se qualcuno prova a fare notare le storture di questo sistema, non manca chi si appella al rischio di natura sociale che un esercito di senza stipendio costituirebbe per la collettività, e al senso di pietà per le famiglie.
Ma il sentimento di sconcerto e di impotenza dei cittadini-contrinuenti, sui quali inevitabilmente si scarica il costo di tutti i sussidi alla formazione (ma il discorso vale per altre simili situazioni, come la Gesip), non è affatto egoismo o cattiveria nei confronti di altri esseri umani. E’ semplicemente la rabbia di essere a costretti a finanziare servizi pubblici inutili, inefficienti, e assunzioni clientelari senza alcun merito.
Perchè, parliamoci chiaro, di assistenza si tratta, e null’altro. Lo hanno detto mille volte anche le imprese, che in teoria dovrebbero essere le prime a beneficiare dell’attività della formazione regionale. Lo ha denunciato anno dopo anno la Corte dei Conti, e sotto sotto ne sono convinti anche gli stessi formatori.
Detto questo, dato per pacifico che si tratta di assistenza, decidiamo pure di continuare ad assistere le migliaia di “formatori”, ma – per cortesia – chiamiamo le cose con il loro nome: chiamiamolo “contributo di solidarietà”, garantiamo a queste famiglie un sostentamento a vita. Ma a condizione di farla finita una volta per tutte con questo sistema mostruoso. Finiamola con questi inutili corsi di formazione, chiudiamo questi enti parassitari che generano solo clientele. E una buona volta torniamo ai concorsi pubblici per merito nelle pubbliche amministrazioni.
Questa è la mia opinione, ma so bene che si tratta di utopia, perché toglierebbe a tanti politicanti la base del loro opportunistico consenso.
L'assessore Centorrino era partito lancia in resta, ma ha dovuto prendere atto delle fortissime resistenze degli apparati sindacali-clientelari-politici, anche dentro i partiti della maggioranza regionale (tutti i partiti, compreso il pd) e ha depotenziato quasi del tutto la portata della sua riforma. Staremo a vedere.
Intanto, in linea generale, non pare emergere alcuna risposta di lungo periodo alle domande: e' giusto continuare a mantenere in piedi questo sistema ? siamo consapevoli dei costi, non solo finanziari, che ciò comporta ? come se può uscire ?
Stenta invece, come sempre, a farsi sentire la voce di chi alla fin fine è, e sarà, chiamato a mettere le mani al portafoglio (i cittadini-contribuenti). E se qualcuno prova a fare notare le storture di questo sistema, non manca chi si appella al rischio di natura sociale che un esercito di senza stipendio costituirebbe per la collettività, e al senso di pietà per le famiglie.
Ma il sentimento di sconcerto e di impotenza dei cittadini-contrinuenti, sui quali inevitabilmente si scarica il costo di tutti i sussidi alla formazione (ma il discorso vale per altre simili situazioni, come la Gesip), non è affatto egoismo o cattiveria nei confronti di altri esseri umani. E’ semplicemente la rabbia di essere a costretti a finanziare servizi pubblici inutili, inefficienti, e assunzioni clientelari senza alcun merito.
Perchè, parliamoci chiaro, di assistenza si tratta, e null’altro. Lo hanno detto mille volte anche le imprese, che in teoria dovrebbero essere le prime a beneficiare dell’attività della formazione regionale. Lo ha denunciato anno dopo anno la Corte dei Conti, e sotto sotto ne sono convinti anche gli stessi formatori.
Detto questo, dato per pacifico che si tratta di assistenza, decidiamo pure di continuare ad assistere le migliaia di “formatori”, ma – per cortesia – chiamiamo le cose con il loro nome: chiamiamolo “contributo di solidarietà”, garantiamo a queste famiglie un sostentamento a vita. Ma a condizione di farla finita una volta per tutte con questo sistema mostruoso. Finiamola con questi inutili corsi di formazione, chiudiamo questi enti parassitari che generano solo clientele. E una buona volta torniamo ai concorsi pubblici per merito nelle pubbliche amministrazioni.
Questa è la mia opinione, ma so bene che si tratta di utopia, perché toglierebbe a tanti politicanti la base del loro opportunistico consenso.
mercoledì 13 luglio 2011
Quanti sono i dipendenti del Comune di Palermo e delle sue partecipate ?
Tra i commenti in coda a un recente articolo di Rosalio ce n'era uno con il quale venivano richiesti chiarimenti circa l'apparente incoerenza tra i dati sul numero dei dipendenti comunali a Palermo indicati dal presidente della Camera di Commercio (22 mila) e la cifra (7.638) che, insieme a Luciano, riportavo nell'ultimo contributo scritto a quattro mani per Rosalio a proposito della Gesip.
In primo luogo va osservato che la cifra di 7.638 unità è quella che si desume dal bilancio sociale del Comune, ed è riferita ai soli dipendenti diretti dell'amministrazione comunale.
Se invece consideriamo anche i dipendenti delle società partecipate il numero diventa di gran lunga più elevato: 22 mila secondo il presidente della CCIAA di Palermo. Ma come si arriva a questa cifra ?
Le informazioni disponibili in rete nel sito del Comune non consentono di ricostruire il dato: nel bilancio sociale, raggiungibile dalla home page, è presente una puntuale elencazione delle società partecipate, ma manca il numero dei dipendenti.
Cercando in Rete, nei rispetti siti istituzionali delle società, e integrando con i dati occasionalmente pubblicati nel siti di informazione locale, questo è il massimo di dettaglio informativo che sono riuscito a reperire:
il numero complessivo dei dipendenti nelle partecipate dove il Comune detiene una quota totalitaria, o superiore al 51%, si aggirerebbe intorno alle 7 mila e 600 unità che, insieme ai 7.638 dipendenti diretti del Comune, porterebbero il totale a superare le 15 mila unità. E' impossibile (con le informazioni a mia disposizione) stabilire se, includendo anche i dipendenti delle altre società partecipate, si arriverebbe alla cifra indicata dal presidente della CCIAA.
E' possibile desumere solo approssimativamente il dato complessivo sui dipendenti delle partecipate (ecco spiegato l'uso del condizionale) dal momento che le informazioni, per ogni singola società, sono riferite a periodi disomogenei. In qualche caso l'ultimo bilancio disponibile è riferito al 2008, in altri casi al 2009, in altri ancora si è utilizzata qualche ricostruzione giornalistica.
Qui di seguito il numero dei dipendenti per ogni società partecipata, con dati variamente riferiti al periodo che va dal 2008 al 2010:
Per le informazioni dettagliate, con la citazione delle fonti dalle quali sono stati desunti i numeri citati nella tabella, si veda qui.
Ogni contributo che possa migliorare la qualità di questi dati è ben accetto.
In primo luogo va osservato che la cifra di 7.638 unità è quella che si desume dal bilancio sociale del Comune, ed è riferita ai soli dipendenti diretti dell'amministrazione comunale.
Se invece consideriamo anche i dipendenti delle società partecipate il numero diventa di gran lunga più elevato: 22 mila secondo il presidente della CCIAA di Palermo. Ma come si arriva a questa cifra ?
Le informazioni disponibili in rete nel sito del Comune non consentono di ricostruire il dato: nel bilancio sociale, raggiungibile dalla home page, è presente una puntuale elencazione delle società partecipate, ma manca il numero dei dipendenti.
Cercando in Rete, nei rispetti siti istituzionali delle società, e integrando con i dati occasionalmente pubblicati nel siti di informazione locale, questo è il massimo di dettaglio informativo che sono riuscito a reperire:
il numero complessivo dei dipendenti nelle partecipate dove il Comune detiene una quota totalitaria, o superiore al 51%, si aggirerebbe intorno alle 7 mila e 600 unità che, insieme ai 7.638 dipendenti diretti del Comune, porterebbero il totale a superare le 15 mila unità. E' impossibile (con le informazioni a mia disposizione) stabilire se, includendo anche i dipendenti delle altre società partecipate, si arriverebbe alla cifra indicata dal presidente della CCIAA.
E' possibile desumere solo approssimativamente il dato complessivo sui dipendenti delle partecipate (ecco spiegato l'uso del condizionale) dal momento che le informazioni, per ogni singola società, sono riferite a periodi disomogenei. In qualche caso l'ultimo bilancio disponibile è riferito al 2008, in altri casi al 2009, in altri ancora si è utilizzata qualche ricostruzione giornalistica.
Qui di seguito il numero dei dipendenti per ogni società partecipata, con dati variamente riferiti al periodo che va dal 2008 al 2010:
Per le informazioni dettagliate, con la citazione delle fonti dalle quali sono stati desunti i numeri citati nella tabella, si veda qui.
Ogni contributo che possa migliorare la qualità di questi dati è ben accetto.
domenica 10 luglio 2011
Inarrivabile Concita.
Si è insediato il nuovo direttore de l'Unità, Claudio Sardo, e qui è possibile leggere il suo primo editoriale. Un pezzo onesto, nulla da dire, ma non regge affatto il confronto con l'esordio di Concita quando arrivò alla guida del quotidiano nell'estate del 2008:
Sono cresciuta in un Paese fantastico di cui mi hanno insegnato ad essere fiera. Sono stata bambina in un tempo in cui alzarsi a cedere il posto in autobus a una persona anziana, ascoltare prima di parlare, chiedere scusa, permesso, dire ho sbagliato erano principi normali e condivisi di una educazione comune.
Il resto qui.
Sono cresciuta in un Paese fantastico di cui mi hanno insegnato ad essere fiera. Sono stata bambina in un tempo in cui alzarsi a cedere il posto in autobus a una persona anziana, ascoltare prima di parlare, chiedere scusa, permesso, dire ho sbagliato erano principi normali e condivisi di una educazione comune.
Il resto qui.
venerdì 8 luglio 2011
Assessore Venturi, scenda dal pero.
Il recente convegno organizzato dalla Camera di Commercio di Palermo per presentare l'ultimo rapporto sull'economia della provincia ha fatto notizia quasi esclusivamente per il duro attacco del presidente Helg nei confronti del sindaco di Palermo, primo responsabile del disastro amministrativo della città.
Ero presente all'iniziativa. L'intervento di Helg mi ha colpito non solo (non tanto) per questo aspetto, ma soprattutto perchè, commentando i dati sull'andamento delle imprese cittadine, ha sottolineato ripetutamente e con molta enfasi l'importanza del rispetto della legalità e il lento, ma promettente risveglio dei commercianti che cominciano a reagire al racket del pizzo. Ha anche ribadito che denunciare non solo è doveroso, ma è ormai anche conveniente. E la Camera di Commercio (come altre associazioni e movimenti cittadini) è in prima linea nell'accompagnare ogni singolo imprenditore in questi difficili momenti.
Il convegno è stato chiuso dall'intervento di Marco Venturi, assessore regionale alle Attività Produttive, in passato esponente di primo piano di Confindustria Caltanissetta e sostenitore della svolta antimafia di Ivan Lo Bello.
Venturi è stato uno dei "tecnicifioreall'occhiello" chiamati in Giunta dal presidente Lombardo. Al termine del convegno l'assessore ha parlato dei mali di cui soffrono le imprese in Sicilia, della burocrazia che le soffoca, delle difficoltà che incontrano nel riscuotere i dovuti pagamenti dalla Regione, della necessità di "fare uno sforzo comune", e cose di questo genere.
Ma da quale pianeta viene ?
Non è proprio lui, da circa 2 anni, il titolare delle politiche regionali verso le imprese ?
Non una parola sul lavoro svolto dal suo assessorato, sul contributo che la sua presenza in giunta regionale apporta allo sviluppo. Nulla.
Ero presente all'iniziativa. L'intervento di Helg mi ha colpito non solo (non tanto) per questo aspetto, ma soprattutto perchè, commentando i dati sull'andamento delle imprese cittadine, ha sottolineato ripetutamente e con molta enfasi l'importanza del rispetto della legalità e il lento, ma promettente risveglio dei commercianti che cominciano a reagire al racket del pizzo. Ha anche ribadito che denunciare non solo è doveroso, ma è ormai anche conveniente. E la Camera di Commercio (come altre associazioni e movimenti cittadini) è in prima linea nell'accompagnare ogni singolo imprenditore in questi difficili momenti.
Il convegno è stato chiuso dall'intervento di Marco Venturi, assessore regionale alle Attività Produttive, in passato esponente di primo piano di Confindustria Caltanissetta e sostenitore della svolta antimafia di Ivan Lo Bello.
Venturi è stato uno dei "tecnicifioreall'occhiello" chiamati in Giunta dal presidente Lombardo. Al termine del convegno l'assessore ha parlato dei mali di cui soffrono le imprese in Sicilia, della burocrazia che le soffoca, delle difficoltà che incontrano nel riscuotere i dovuti pagamenti dalla Regione, della necessità di "fare uno sforzo comune", e cose di questo genere.
Ma da quale pianeta viene ?
Non è proprio lui, da circa 2 anni, il titolare delle politiche regionali verso le imprese ?
Non una parola sul lavoro svolto dal suo assessorato, sul contributo che la sua presenza in giunta regionale apporta allo sviluppo. Nulla.
mercoledì 6 luglio 2011
Gesip: che cosa hanno da dire gli aspiranti sindaci ?
Si può non prendere posizione sulla Gesip? È una domanda assolutamente retorica: non solo non si può ma si deve. Le elezioni comunali si avvicinano e Gesip, a nostro modesto parere, può diventare l’argomento chiave per valutare un candidato sindaco. Ben vengano dunque le discussioni e le prese di posizione dei cittadini e, soprattutto, dei candidati, che vanno “snidati” al fine di ottenere una chiara risposta. Perché Gesip è così importante per le prossime elezioni? Riteniamo ci siano due motivi principali:
- In Sicilia in generale, e a Palermo in particolare, il settore pubblico è il principale datore di lavoro (forse sarebbe meglio scrivere: erogatore di stipendi), A Palermo i dipendenti pubblici, considerando solo Comune, Provincia e Regione sono circa 40 mila, un dato che fa riflettere su una città la cui popolazione è stimata in 655 mila abitanti. Milleottocentosettanta persone in più o in meno, tanti sono i lavoratori Gesip, fanno una gran differenza, specie per il bilancio di un’amministrazione comunale che destina quasi 325 milioni (circa il 20 per cento del bilancio) al pagamento degli stipendi (Fonte: Bilancio Sociale 2010 del Comune di Palermo). Ecco perché Gesip è un tema fondamentale.
- La gestione del caso farà scuola. Quello che succederà a Gesip, società in profondo rosso e con la sorte dei dipendenti appesa a un filo, fungerà, comunque vada, da termine di paragone per eventuali ulteriori crisi che dovessero insorgere. Stiamo affrontando, a livello locale, una versione nostrana del paradosso del «too big to fail», troppo grande per fallire: chiudere Gesip significherebbe mettere 1870 famiglie in mezzo ad una strada, in una provincia che ha già 79000 disoccupati, un numero troppo grande per non creare un problema sociale. D’altra parte, non chiudere Gesip creerebbe enormi problemi alle già disastrate casse comunali, con conseguente ulteriore richiesta di denaro al contribuente nazionale (valli a biasimare i leghisti a questo punto…) e locale (in Sicilia abbiamo innalzato le addizionali regionali Irpef e Irap per coprire il deficit della sanità). Un bel dilemma: salvare Gesip e inimicarsi i contribuenti oppure farla fallire?
Ci permettiamo di fare alcune puntualizzazioni:
- Ammettendo pure che queste persone possano essere state “truffate” dai politici locali, che li hanno utilizzati come serbatoio di voti, illudendoli e prendendoli in giro, ciò non può e non potrà mai giustificare blocchi delle strade, guerriglia urbana e arrampicate sui tetti del Comune e lanci di tegole sulla testa dei passanti (video);
- Alcuni lavoratori Gesip hanno partecipato in questo blog (cfr. commenti al post Gesip, cinque milioni dalla Presidenza del Consiglio) al dibattito su cosa fare, suggerendo, ci sembra di capire, la strada dell’internalizzazione, cioè la trasformazione degli operatori Gesip in veri e propri dipendenti comunali, che passerebbero così da 7638 a 9508. Questa opzione, secondo alcuni, avrebbe il pregio di far risparmiare circa 20 milioni all’anno di Iva finora pagata dal Comune per i servizi resi dalla Gesip, nonché gli oneri legati al mantenimento del Consiglio d’Amministrazione e altre economie. D’altra parte, sembra che Roma potrebbe approvare questa misura solo a condizione di bloccare il turnover e gli stipendi del personale comunale fino al 2014, misura invisa, per ovvie ragioni, ai dipendenti comunali.
- È del 14 giugno la notizia di un’ordinanza della Protezione civile firmata dal Presidente del Consiglio per un prestito a favore della Gesip. Ecco, pensare che cinque milioni di euro non potranno essere destinati, per esempio, ai terremotati dell’Abruzzo, o alla prevenzione delle emergenze, suscita in noi profonda perplessità. Peraltro, tutti sappiamo che questa iniezione di denaro è solo un palliativo che rimanda la soluzione del problema di un paio di mesi, senza risolverlo. Siamo sicuri che non si poteva trovare una cifra simile distogliendola, per esempio, dalle spese di rappresentanza, dagli stipendi dei parlamentari, dai fondi per i giornali, dalle spese di mantenimento delle auto blu? Invece…
- È paradossale che un Comune con ottomila dipendenti diretti abbia bisogno di una società di servizi esterni, la Gesip, per svolgere servizi essenziali, quali la pulizia degli uffici, la portineria, la gestione dei cimiteri. Eppure, da quando sono iniziate le proteste dei Gesip, questi servizi sono piombati nel caos, evidenziando come la città abbia “bisogno” della Gesip.
Abbiamo cercato di ricostruire questa situazione, come anticipato, al fine di sollecitare il dibattito, e soprattutto, stimolare gli aspiranti candidati primi cittadini a fornire le loro soluzioni/proposte. Raccoglieranno la sfida?
(di Luciano Lavecchia e Antonio Lo Nardo, già pubblicato su Rosalio)
lunedì 4 luglio 2011
Perché Santoro non va più a La7.
L'ultimo articolo di Travaglio sul Fatto, del quale inserisco qui sotto un estratto, propone un'interpretazione molto convincente delle circostanze che hanno portato al fallimento della trattativa per l'approdo di Michele Santoro alla rete televisiva della Telecom Italia.
28 giugno. Prima bozza della manovra finanziaria: chi (Telecom) possiede la rete telefonica per la banda larga dovrà renderla “aperta” ai concorrenti, potenziarla a spese proprie e dividerne la proprietà con la Cassa depositi e prestiti (cioè con lo Stato).
30 giugno, Ansa ore 13.32. “TIMedia ha interrotto le trattative con Santoro per ‘inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti fra autore ed editore’”. Il titolo perde il 3%. Cambia la finanziaria: Telecom conserva la rete e, per potenziarla, potrà attingere a “risorse pubbliche”.
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AGGIORNAMENTO: qui la risposta dell'azienda.
28 giugno. Prima bozza della manovra finanziaria: chi (Telecom) possiede la rete telefonica per la banda larga dovrà renderla “aperta” ai concorrenti, potenziarla a spese proprie e dividerne la proprietà con la Cassa depositi e prestiti (cioè con lo Stato).
30 giugno, Ansa ore 13.32. “TIMedia ha interrotto le trattative con Santoro per ‘inconciliabili posizioni riguardo alla gestione operativa dei rapporti fra autore ed editore’”. Il titolo perde il 3%. Cambia la finanziaria: Telecom conserva la rete e, per potenziarla, potrà attingere a “risorse pubbliche”.
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AGGIORNAMENTO: qui la risposta dell'azienda.
sabato 2 luglio 2011
Spesa sociale in Italia: poco per i poveri, molto per i ricchi.
Tra le innumerevoli informazioni contenute nel recente Rapporto Annuale dell'Istat c'è la spesa sociale dei comuni italiani a favore delle famiglie per interventi connessi a diversi tipi di bisogno: crescita dei figli, assistenza agli anziani e ai disabili, povertà, immigrazione. In poche parole: il welfare locale.
Per l'intero Paese la spesa sociale pro capite nel 2008 è stata pari a 111 euro, ma emergono differenze molto vistose tra le varie regioni. Come si vede dal grafico, i comuni delle regioni del Mezzogiorno, compresa la Sicilia, destinano alla spesa sociale una quota pro capite inferiore rispetto agli altri.
Una spiegazione può essere trovata nel fatto che, trattandosi di territori meno ricchi, anche le dotazioni dei bilanci delle rispettive amministrazioni locali sono più esigue. Resta il fatto però che, proprio laddove ce ne sarebbe più bisogno, la spesa sociale è più bassa.
E le prospettive al riguardo non sono affatto rosee. Infatti: 1) il divario di ricchezza tra Nord e Sud non accenna infatti a diminuire, 2) le esigenze di riduzione del debito pubblico lasciano pochissimo spazio alla creazione di nuovi strumenti di intervento sociale, e infine 3) il federalismo che ci starebbero propinando appare come una barriera al trasferimento di risorse dal Nord al Sud (piuttosto che come strumento per accrescere una responsabile autonomia impositiva, ma questa è un'altra storia...).
Per l'intero Paese la spesa sociale pro capite nel 2008 è stata pari a 111 euro, ma emergono differenze molto vistose tra le varie regioni. Come si vede dal grafico, i comuni delle regioni del Mezzogiorno, compresa la Sicilia, destinano alla spesa sociale una quota pro capite inferiore rispetto agli altri.
Una spiegazione può essere trovata nel fatto che, trattandosi di territori meno ricchi, anche le dotazioni dei bilanci delle rispettive amministrazioni locali sono più esigue. Resta il fatto però che, proprio laddove ce ne sarebbe più bisogno, la spesa sociale è più bassa.
E le prospettive al riguardo non sono affatto rosee. Infatti: 1) il divario di ricchezza tra Nord e Sud non accenna infatti a diminuire, 2) le esigenze di riduzione del debito pubblico lasciano pochissimo spazio alla creazione di nuovi strumenti di intervento sociale, e infine 3) il federalismo che ci starebbero propinando appare come una barriera al trasferimento di risorse dal Nord al Sud (piuttosto che come strumento per accrescere una responsabile autonomia impositiva, ma questa è un'altra storia...).
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